Vorrei imparare ad usare il mio cervello. Ho un concetto ampio di uso. Uso che sviluppa le funzioni e abilità. Uso che dà percezioni ampliate e dettagliate. Uso che gestisce le facoltà di uso della memoria e della memorizzazione, con tutto quello che è richiamo mnemonico, ricombinazione delle memorie, percezione delle strutture mnemoniche di memorizzazione e richiamo. Capacità di sentire percettivamente, esterna, coi sensi esterni, più percezione ulteriori. Capacità di osservare, di superare la catalogazione della realtà ma vederla senza limitazioni di percezione insite nella catalogazione. Percezione dei fenomeni con capacità di anticipazione senza però scadere in manie di controllo e dominio delle realtà e delle cose, dei sistemi. Capacità di percepire le esigenze altrui, le emozioni e mentalità altrui e proprie, con capacità di interazione anche se interfacciata da suoni, grafica, o testo, vedasi chat, presenza, etc. Capacità di cogliere i dettagli, da attento osservatore di tutta la realtà, niente escluso, anche i dettagli delle proprie realtà interiori, fittizie o fondate che siano. Capacità di superare le illusioni, la convenienza, la pigrizia fisica e fisiologica, l’indagare sempre a fondo per comprendere. Le capacità di comunicare, di usare linguaggi e mezzi comunicativi, stratagemmi e tecniche, ma senza scadere nella manipolatività. Avere una disposizione verso la vita e le vite che possa favorire che avvenga quanto necessario, e anche uno svolgimento dei processi vitali agevole o comunque possibile. Capacità di raccogliere internamente e ricollezionare, ricapitolare, sapere e sapere di sapere e di non sapere, distinguendo, sapendo come si sa, se i mezzi sono adeguati. Sapere per non ignorare e negare attivamente o passivamente la vita. Sapere vivere tutti gli attimi, sapere riconoscere cosa è unico in quell’attimo sfuggente e viverlo prima che non sia più. Riconoscere le proprie virtù senza idealizzare, le proprie caratteristiche anche ripetitive o negate e non ammesse a nessuno, saper riconoscere i propri difetti, sapere cosa hanno causato e causeranno, sapere come rimuoverli e spezzarli affinché nuociano sempre meno. Sapere costruirsi interiormente, non soltanto logisticamente e interpersonalmente, socialmente, sapere divenire e maturare, sapere invecchiare e morire. Saper essere mortali come siano soggetti a limitatezza, imperfezione, incompletezza, temporaneità, mortalità, limitatezze di percezione, di funzionamento, di espressione, di capacità di scelta, di attuazione e di coerenza, di dominio di sé senza mancare di essere anche spontanei senza reprimere ma esprimere e non esprimere con maestria dei propri mezzi. Saper rinunciare, saper accettare ciò che non conviene, saper arrendersi, saper riconoscere e discriminare che atteggiamenti avere anche senza scadere nel pessimismo passivo, vittime di destini che invece possiamo influenzare, come di fatti accade consapevoli o meno. Sapersi ergere oltre la miseria umana, oltre le impotenze e frustrazioni, oltre le mancanze e i vuoti, oltre le incapacità e gli ostacoli. Avere obiettivi senza però esagerare diventando ciechi al riconoscere che non ci sono soltanto obiettivi e quindi mezzi, ma anche processi nel tempo e cose che non possiamo interamente determinare finché siamo in queste condizioni, nostre, mie e tue e di molti prima e forse dopo di noi.
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